Onorevoli Colleghi! - Il pieno inserimento delle persone portatrici di handicap nella vita sociale e il ripristino, a loro favore, dell'esistenza di quelle eguali condizioni di partenza che costituiscono l'irrinunciabile diritto di ogni cittadino sono princìpi ormai generalmente accettati dalla coscienza civile e presenti, con maggiore o con minore incisività, nelle legislazioni di tutti i Paesi civili; per l'Italia, in particolare, discendono dal dettato costituzionale che, all'articolo 3, proclamando la pari dignità sociale e l'uguaglianza di fronte alla legge di ogni cittadino senza distinzione, tra l'altro, di condizioni personali e sociali, sancisce solennemente l'obbligo della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Tali princìpi hanno trovato man mano attuazione - seppur ancora non completa - in una serie di leggi che costituiscono i riferimenti fondamentali per l'inserimento sociale, educativo e lavorativo delle persone portatrici di handicap. Ricordiamo, tra l'altro: la legge-quadro 5 febbraio 1992, n. 104, sull'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, e il testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297,
«vista la sua risoluzione dei 13 novembre 1985 sull'Europa dei cittadini;
viste le comunicazioni della Commissione al Consiglio del 29 ottobre 1981 sull'integrazione sociale dei minorati e la risoluzione del Consiglio del 21 dicembre 1981 sullo stesso argomento;
viste le proposte di risoluzione presentate (...) dagli onorevoli Chiabrando e altri sulle trasmissioni televisive per sordi (doc. B2-1192/85);
vista la relazione della commissione per la gioventù, la cultura, l'istruzione l'informazione e lo sport (doc. A2-302/87);
a) considerando che nella Comunità europea mezzo milione di persone sono completamente sorde e che un numero ben più grande ha difficoltà di udito;
b) considerando che la maggior parte dei sordi non riusciranno mai a padroneggiare perfettamente il linguaggio parlato;
c) ricordando che il linguaggio gestuale, che può essere a buon diritto considerato un linguaggio a tutti gli effetti, è quello preferito se non l'unico usato dalla maggior parte dei sordi;
d) riconoscendo che il linguaggio gestuale e i suoi interpreti sono uno dei mezzi mediante i quali i sordi accedono alle informazioni necessarie alla vita di ogni giorno oltre che alla lettura e alla televisione;
e) desiderando promuovere l'integrazione dei sordi nella società degli udenti, a condizioni per loro eque;
f) riconoscendo il grande contributo dato dalla Federazione mondiale dei sordi (FMS) nel corso dei passati decenni per migliorare la situazione delle persone sorde ed esprimendo il proprio compiacimento per la creazione di un Segretariato regionale per i paesi della Comunità europea;
1) si compiace dell'interesse manifestato e degli aiuti forniti a tutt'oggi dalla Commissione alle organizzazioni che rappresentano i non udenti nella Comunità;
2) invita la Commissione a presentare una proposta al Consiglio relativa al riconoscimento ufficiale in ogni Stato membro del linguaggio gestuale usato dai sordi;
3) invita gli Stati membri ad abolire gli ostacoli che ancora si frappongono all'uso del linguaggio gestuale».
L'Unione europea dei sordi (EUD - European Union of the Deaf, con sede in Bruxelles), creata nel 1985 e che rappresenta attualmente le associazioni di venticinque Stati membri dell'Unione europea come membri a pieno titolo e di tre Stati come membri affiliati, dopo il successo ottenuto con l'approvazione della citata risoluzione ha posto al centro della sua azione il riconoscimento della comunità dei sordi come minoranza linguistica e, conseguentemente, il riconoscimento della lingua dei segni come lingua della comunità dei sordi da parte degli Stati membri dell'Unione europea. Nell'Assemblea generale annuale tenutasi a Bruxelles i1 27 settembre 1997 l'EDU ha approvato una risoluzione in cui «come cittadini dell'Unione europea» si chiede «a tutti gli Stati membri dell'UE di garantire piena ed eguale partecipazione nella società ai sordi e di rispettare i loro diritti umani e civili. II loro diritto ad usare la lingua dei segni deve essere pienamente riconosciuto e favorito in ogni aspetto della vita»; si chiede altresì a tutti gli Stati membri dell'Unione europea «di accettare legalmente la lingua dei segni di ciascun paese nell'ambito della struttura della Carta europea delle lingue minoritarie».
In Italia, la prima ricerca sulla LIS si è svolta negli anni ottanta presso l'Istituto di psicologia del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), in collaborazione con alcuni ricercatori sordi che hanno cominciato a indagare sulla loro competenza nativa in una lingua che non erano stati abituati a considerare tale. A questa prima ricerca sono seguite altre in stretta connessione con quelle di molti altri Paesi europei ed extraeuropei. Ormai esistono in Italia, così come negli altri Paesi europei ed extraeuropei, dizionari delle lingue dei segni e molte pubblicazioni, alle quali hanno contribuito anche ricercatori sordi, che analizzano dimensioni diverse, linguistiche, storiche e sociolinguistiche della LIS. L'uso della LIS ha cominciato così ad avere una prima diffusione ed è da rilevare che nel corso degli ultimi anni la presenza degli interpreti di lingua dei segni alla RAI-Radiotelevisione italiana ha contribuito ad accrescere la cultura e l'informazione dei sordi e che analoghe funzioni saranno sempre più richieste in contesti educativi, legali, di assistenza sanitaria e in molti altri campi.
Sembra quindi giunto il momento per l'Italia di allinearsi a quanto già deliberato in sede europea, dando alla LIS pieno riconoscimento, e ciò nel quadro non solo dell'attenzione ai problemi delle persone in qualunque modo svantaggiate, che costituisce adempimento dei princìpi di cui all'articolo 3 della nostra Carta costituzionale, ma superando in certo modo la visione limitata di assistenza delle persone handicappate, con il riconoscimento fattivo delle peculiarità e delle potenzialità che tali persone, considerate non solo in quanto isolate ma come comunità, hanno.
In questa ottica si pone la presente proposta di legge, che prevede il riconoscimento della LIS quale lingua propria della comunità dei sordi, e come lingua di una minoranza linguistica degna anch'essa, come le altre finora considerate che traggono la loro origine su base etnica, della tutela prevista dall'articolo 6 della Costituzione. È in questo senso che, accogliendo l'esigenza fortemente sottolineata, come si è ricordato, dall'ultima Assemblea generale della EUD, la LIS deve essere considerata «lingua non territoriale» della comunità dei sordi, intendendo tale definizione quale è accolta dalla Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, approvata a Strasburgo dal Consiglio d'Europa il 5 novembre 1992.
La proposta di legge che sottoponiamo alla vostra attenzione, nella certezza che le sue finalità non possano che essere condivise da tutti i colleghi, prevede pertanto, con il riconoscimento della LIS, che di